Ben cinque sono le De.Co. (Denominazione Comunale) assegnate dal Comune. Tre dolci: la Castagnola di Ventimiglia, la turta di Lurè, U Benardu. Una torta salata, la pisciadella. Un prodotto del mare, il gambero di Ventimiglia “ghimbaru du fundu”, che viene pescato proprio nello specchio d’acqua davanti a Capo Mortola.
Castagnole
Nell’Ottocento, i marron glacé erano un dolce costoso, non alla portata di tutte le tasche: la cucina popolare aveva trovato nelle castagnole un’alternativa economica e squisita.
Fagiolo del Grammondo
Il fagiolo del Grammondo, prezioso frutto della terra e patrimonio culturale, è un prodotto coltivato da generazioni e grazie alle condizioni climatiche e terreni adatti ha generato una cultivar dalle caratteristiche organolettiche uniche. La sua preservazione è legata alla storia della famiglia Flavio Balestra di Villatella, la cui nonna Fina, durante la seconda guerra mondiale, prima di sfollare e pensando al futuro ritorno, nascose le preziose sementi per poi riprendere la coltivazione al ritorno.
Pisciadela
Una focaccia con pomodoro, filetti d’acciughe, olive taggiasche, capperi, aglio e origano: i sapori del territorio si incontrano in questa antica specialità ligure risalente addirittura al 1300. La Pisciadela è conosciuta anche come Pizza dell’Andrea o Sardenaira, ed è diffusa sia nel ponente ligure che in Costa Azzurra.
Torta di Lurè
Una ricetta antica inventata a fine Ottocento da un fornaio di nome Lorenzo (Lurè), che si era trasferito a Ventimiglia da Breil-sur-Roya. Si tratta di una variante della tradizionale torta di pasta lievitata la cricbente, tipica del paese di provenienza di Lorenzo. Farina, zucchero, lievito di birra, limone grattugiato e acqua di fiori d’arancio: ingredienti semplici per un dolce che sa di ricordi e storia.
U Benardu
Il pane dolce noto come U Benardu, tipico di Ventimiglia in Liguria, viene realizzato con polenta in occasione della celebrazione di San Bernardo il 20 agosto. La farina di mais, ingrediente principale di questo dolce, ha storicamente occupato una posizione centrale nella dieta dell'entroterra ligure, rappresentando una scelta più accessibile rispetto alla farina bianca tradizionale, e veniva frequentemente impiegata nella preparazione di pani e focacce.